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INTERCULTURALITÀ,
DIRITTI E
GIUSTIZIA SOCIALE
di Silvia Belloni
Il rapporto Censis presentato nel dicembre 2018 descrive gli italiani in preda a «una sorta di sovranismo psichico prima ancora che politico»,
che «talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore – diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata,
pulviscolare». Si legge ancora nel rapporto: «la insopportazione degli altri sdogana i pregiudizi, anche quelli prima inconfessabili. Le diversità dagli altri sono percepite come pericoli da cui proteggersi: il 69,7% degli italiani non vorrebbe come vicini di casa i rom, il 69,4% persone con dipendenze da droga o alcol. Il 52% è convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli italiani, quota che raggiunge il 57% tra le persone con redditi bassi. Sono i dati di un cattivismo diffuso che erige muri invisibili».
Contro questi muri l’avvocatura deve combattere, in nome della difesa dei diritti di tutti, con professionalità, etica e impegno, per invertire la rotta che il rapporto Censis recepisce. Saranno così le nostre toghe a contribuire alla rinascita di quella fiducia nel futuro, nel diritto e nella giustizia di cui abbiamo tutti urgente necessità.
La figura dell’avvocato va difatti seriamente ripensata alla luce dei mutamenti sociali che le migrazioni degli ultimi decenni hanno apportato nella società. In primo luogo occorre che l’avvocato sia su questi temi
preparato e professionalizzato attraverso attività formative di qualità e multidisciplinari.
Per rispondere a tali esigenze, l’Ordine degli avvocati di Milano ha avviato e sta partecipando a diverse iniziative. Tra queste, l’Ordine nel 2018 ha organizzato il corso professionalizzante sul “Diritto degli stranieri”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, la Camera penale e l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. Dal febbraio 2017, l’Ordine sta prendendo parte al progetto “Sviluppare una Risposta Globale della Giustizia Penale ai Crimini d’Odio” promosso dall’Ufficio OSCE per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR) che opera costantemente nella lotta contro i crimini ispirati dall’odio. Ma tali iniziative non sono da sole sufficienti ad affrontare con vigore il nuovo ruolo dell’avvocato del futuro sui temi della interculturalità. All’instancabile impegno per la tutela e la promozione delle garanzie e dei diritti degli assistiti (fortificato da una qualificata formazione) deve infatti aggiungersi la lotta per la effettività della difesa degli ultimi, in un’ottica appunto globale che si ispiri alla interculturalità e alla prevenzione dei crimini d’odio. Solo così l’Avvocatura potrà contribuire alla realizzazione della piena giustizia sociale, conducendo un capillare lavoro sia professionale sia soprattutto culturale teso a rimuovere le barriere contro cui le persone si scontrano a causa del genere, dell’età, dell’appartenenza etnica, della religione e della cultura.
L’avvocato deve operare quale sentinella dei diritti contro ogni forma di discriminazione e aggressione ispirate dall’odio.
Una delle sfide più impegnative e stimolanti dell’Avvocatura del domani trova dunque origine nella funzione sociale della professione. In nome della funzione sociale infatti l’avvocato del futuro deve operare anche
al di fuori del palazzo di giustizia e spingersi a tutelare quelle istanze di uguaglianza, libertà, sviluppo e interculturalità che la società deve promuovere nell’interesse della collettività.